Firenze “Paolo VI”, già San Vincenzo

 

Chi passa oggi in Via Cimabue, nel quartiere di porta alla Croce presso Piazza Beccaria, vede un enorme fabbricato moderno: da uno dei terrazzini sporgono graziosamente gerani che un’anziana ospite coltiva con amore. Ma non è sempre stato così.

Nel 1870, tre Suore cominciarono una piccola Scuola e un Laboratorio nel “popolo di Sant’Ambrogio”, presso la celebre chiesa.

Si chiamo “Misericordia Sant’Ambrogio” e le tre Suore erano Suor Vincennaux, Suor Giuliani e Suor Ludovichetti. Non vi rimasero a lungo e infatti dopo qualche anno le troviamo in Borgo San Jacopo di là d’Arno. Abbiamo notizie più sicure della seconda tappa di quest’opera, la più lunga.

Firenze, capitale d’Italia aveva affrontato sacrifici di ogni genere ed i Poveri erano sempre più numerosi: nel censimento del 1881 su 170.000 abitanti sono riconosciuti ufficialmente 70.000 Poveri.In una palazzina di Via Cimabue, i Salesiani si occupavano di ragazzi, ma lo spazio era insufficiente per loro; inoltre miravano ad un grande oratorio per fronteggiare la vasta opera degli evangelici nella zona. Pare che sia stato lo stesso Don Bosco, in una visita ai suoi a metà aprile 1881, a suggerire di cedere la casa alle Figlie della Carità.

A metà dell’anno seguente, Suor Natalia Boyer, Suor Felicita Marenco e Suor Rosa Chiala comprarono la villetta a due piani ed un ampio orto con il pozzo: in forma tontinaria (associazione finanziaria) non essendo la Congregazione riconosciuta legalmente. Più tardi fu venduta a Suor Maria Teresa Récamier (1908).

La casa confinava con un conventino dei Camaldolesi che aveva la chiesa di Santa Maria degli Angeli. Cominciò così l’orfanotrofio “San Vincenzo” per orfane e ragazze in difficoltà. Ben presto si aggiunsero una Scuola Materna ed un gruppetto di anziane. Le Suore erano coadiuvate nella loro opera educativa, prima dai Francescani, poi da un Assunzionista e quindi per lunghi anni dal Prof. Don Giovanni Battista Boeri Salesiano. Personalità eminente che fece onore a Dono Bosco e alla Chiesa…Era cappellano, direttore di anime, celebrava Messa, predicava, suonava, insegnava canto, faceva le funzioni solenni in quella cappella così bella iniziata dai primi salesiani.

La vita scorreva tranquilla tra la casa e la Scuola Elementare statale o il Laboratorio di ricamo e cucito. Come non ricordare suor Chiara Lapi sempre molto premurosa e materna sia verso le bambine che verso le Sorelle?

Ma giunse purtroppo il venerdì 4 novembre 1966 quando ci fu la più terribile delle alluvioni di Firenze che pure di alluvioni ne aveva conosciute molte: “il fiume di casa”, l’Arno che era la forza necessaria per mettere in moto ruote, torni e magli, molte volte straripava. “Diciamo che l’umore dell’Arno è congeniale a quello dei fiorentini, estroso, dispettoso, collerico, fino a diventare disastroso”.

L’Istituto ebbe l’acqua dell’Arno fino a 2,30-2,60 m: non solo acqua, ma fango e nafta che resero inservibile tutto il piano terra. Sgomento nelle Suore, paura nelle bambine: la piccola Paola di cinque anni stringeva al petto la sua “Madonnina”. I danni ai mobili e all’immobile, esclusi i vetri e le artistiche vetrate della Cappella, ammontarono a più di sedici milioni. Le bimbe furono ospiti per qualche mese dell’Istituto Santa Caterina, poi ci fu la diaspora in altre case.

Nel Natale 1966 venne a Firenze S.S. Paolo VI che “a ricordo di quell’incontro con la carissima cittadinanza fiorentina suggerì la realizzazione di una Casa di Riposo per coniugi anziani”. A questo scopo il Santo Padre volle lasciare un contributo considerevole e così far nascere quest’opera dalle macerie della casa, la cui demolizione era inevitabile. Giustamente l’opera prese il nome di Paolo VI, suo augusto benefattore.

Il 21 aprile 1968, l’Ing. Boldrini, incaricato dal Card. Ermenegildo Florit, pose la prima pietra alla presenza di Monsignor Benelli, inviato del Pontefice, e delle autorità cittadine. Il mese seguente fu stipulata una convenzione tra il Cardinal Florit e la Provincia delle Figlie della Carità, rappresentata da Suor Battaglia Visitatrice e P. Cenci Direttore: si riconosceva “la proprietà alle Figlie della Carità e così pure la gestione, ma l’alta sorveglianza e la tutela all’Arcivescovo pro-tempore”.

L’Ing. Boldrini che aveva sperato un passaggio per Santa Maria degli Angeli, non aveva previsto una Cappella interna: si dovette rimediare in modo infelice nel seminterrato.

Il 12 luglio 1970, finalmente ci fu l’inaugurazione: Monsignor Benelli, sostituto della Segreteria di Stato, disse: “Il Papa ama Firenze…ieri sera ha tenuto a dirmi che ve lo ripetessi a suo nome”. Grande commozione in tutti i presenti, specialmente negli Ospiti che si sentivano a casa loro.

Le Suore che si sono alternate alla Casa Paolo VI hanno cercato in tutti i modi di non deludere le attese del Papa, ma soprattutto le attese di Cristo. Esse si impegnano a conservare un’atmosfera serena e cristiana per formare un’unica grande famiglia: ad incontri distensivi e ricreativi si alternano incontri spirituali e culturali.